FAQ
Per una buona visione occorre che l’occhio sia sano, che le fibre del nervo ottico conducano in maniera ottimale le immagini al cervello e che quest’ultimo sia in grado di comprenderle al meglio.
L’ipovisione è quella condizione per cui una persona, a causa di patologie a carico dell’occhio o del cervello non riesce ad utilizzare i normali occhiali per poter vedere.
Le malattie che più spesso determinano questa condizione sono le degenerazioni maculari, le malattie del nervo ottico, le distrofie ereditarie, certe malformazioni congenite, il diabete, problemi di circolazione cerebrale; anche la cataratta quando non viene operata. Spesso un paziente ha già consultato diversi specialisti, e forse si è sentito dire che non c’è più nulla da fare.
Ecco qui riportato uno schema semplificato per mostrarvi l’anatomia del sistema occhio-cervello in modo che voi possiate rendervi conto di come avvenga il funzionamento della visione e cosa possa alterarla.
Non è vero! L’ipovisione è un settore relativamente nuovo dell’oculistica, che si occupa di ridare capacità visiva a persone che non riescono a trovare una soluzione ai loro problemi visivi.
Non c’è molta informazione su tale argomento. Lo specialista che segue abitualmente il paziente divenuto ipovedente non ha spesso una conoscenza approfondita del problema, teme di dover dedicare all’ipovedente troppo tempo, vive la condizione di ipovedenza del paziente con una sorta di fatalità irreversibile.
Pochi sanno che invece un paziente ipovedente può migliorare la sua capacità visiva nel 70% dei casi, che esistono dei programmi sofisticati e articolati che permettono di conseguire questi risultati.
Se esistono delle difficoltà visive non eliminabili con le cure o con gli occhiali convenzionali è già arrivato il momento più opportuno per iniziare la riabilitazione visiva.
Aspettare significa solo convivere per più tempo con tali difficoltà. La mancanza di stimoli visivi , dopo alcuni anni, potrebbe essere sfavorevole per il nostro cervello, favorendo depressioni, frustrazioni e, in alcuni casi, processi atrofici a carico del sistema nervoso.
Questo può essere naturalmente evitato!
Si divide essenzialmente in due parti: la diagnosi e la riabilitazione vera e propria.
Il paziente ipovedente normalmente è già a conoscenza del suo problema, sia perchè si accorge delle sue difficoltà visive, sia perchè l’oculista che lo ha seguito fino a questo momento gli ha già detto il motivo di queste sue difficoltà.
Pochi di tali pazienti sono però informati sul fatto che esiste ancora una capacità visiva residua che, usata correttamente, può dare dei risultati interessanti.
La diagnosi ci permette di capire la malattia che ha danneggiato la nostra vista, quello che ci ha lasciato, se non corriamo altri rischi, che risultati si possono raggiungere e come ottenerli.
Fondamentale a questo fine è il campo visivo, che può essere eseguito sia manualmente, che con tecniche computerizzate e microperimetriche.. Meglio l’utilizzo di più tecniche per arrivare a comprendere esattamente l’entità del danno responsabile dello stato di ipovisione.
Importante è la fluorangiografia retinica e la tomografia ottica a coerenza che vengono utilizzate essenzialmente nell’adulto dove le cause di ipovisione sono legate a problemi di retina: oltre a documentare la malattia responsabile ne evidenzia la prognosi e dunque permette di concretizzare il programma riabilitativo.
Utilissima la mappa visiva virtuale ottenuta con un software chiamato Virtual IPO@: si tratta di una tecnica diagnostica recentissima che permette di simulare le condizioni visive del paziente e di ricercare il modo migliore per potenziare il residuo visivo; il tempo dedicato alle prove dei sistemi per ipovedenti si riduce da alcune ore a pochi minuti, con grande vantaggio per il paziente. Inoltre ci dà delle indicazioni preziosissime sulle dinamiche della lettura, sulle modalità di esercizio da parte del paziente, sulle luci da utilizzare nel corso della lettura, consentendo di personalizzare la riabilitazione visiva vera e propria.
In alcuni casi può essere richiesta un’analisi elettrofisiologica della retina e del nervo ottico per perfezionare la nostra diagnosi.
La riabilitazione vera e propria si articola in una serie di visite in cui potenziamo il vostro residuo visivo e insegniamo a utilizzarlo per affrontare le vostre esigenze più sentite: la lettura, la scrittura, il lavoro a distanza ravvicinata, la visione della TV, ecc.
Vengono utilizzati a tal fine degli appositi sistemi ottici o elettronici: con il loro utilizzo cambia la normale distanza di lavoro, le proporzioni delle cose viste, il campo di lettura offerto, spesso non abbiamo più una visione binoculare.
Si utilizzano quindi degli opportuni esercizi, che le tecniche di simulazione virtuale hanno consentito di adeguare al singolo individuo.
In tali visite viene valutata la capacità di lettura, vengono insegnate le tecniche per utilizzare un testo comune come un quotidiano o un libro nonostante l’handicap visivo, viene insegnato quale sia il modo migliore per scrivere o per coordinare il movimento delle mani rispetto a quello che si vede.
Il paziente impara gradualmente a utilizzare ancora la sua potenziale capacità visiva. Qualunque sistema si renda necessario questo verrà prescritto solo se ritenuto veramente utile per il paziente.
Esiste la possibilità di utilizzare un protocollo di lavoro collaudato ed efficace in circa il 80% dei casi.
Esistono in genere due tipi di aiuto: quelli che ingrandiscono le immagini e quelli che migliorano la qualità delle immagini.
Tra i primi vanno ricordati certi occhiali detti ipercorrettivi, i sistemi telescopici, i videoingranditori elettronici.
Tra i secondi i filtri selettivi, l’impianto chirurgico di cristallini artificiali di particolare potere, la fotostimolazione neurale, la biostimolazione. l’impianto di lipociti subsclerali, la terapia fotodinamica.
E’ importante che sappiate che tutto questo esiste da alcuni anni, e di provata efficacia e possono essere prescritti in appositi Centri Specializzati.
In genere è vero che un paziente con un problema di ipovisione non lo risolve con un intervento chirurgico. Tuttavia abbiamo dimostrato come in casi particolari (miopie degenerative, atrofie ottiche o degenerazioni maculari, nistagmo), possa essere utile la sostituzione del cristallino naturale con uno di potere diottrico diverso in modo da utilizzare successivamente alla riabilitazione il sistema più semplice e che garantisca a parità di ingrandimento un maggior campo visivo.
Recentemente si stanno dimostrando particolarmente interessanti le lenti difrattive che migliorano la capacità di visione per vicino rendendo possibile, in casi selezionati, la riabilitazione visiva con sistemi ancora più leggeri, con distanze di lavoro più comode e con un estetica maggiore. La binocularità è spesso possibile. Ciò consente un miglioramento della qualità della vità. Tale tipo di chirurgia va praticato sempre con la tecnica di facoemulsificazione e da mani esperte.
E’ sempre necessaria un’approfondita valutazione oftalmologica preventiva, che comprenda un esame del campo visivo e una mappa visiva virtuale. La scelta del cristallino ottenuta dopo analisi virtuale del paziente può contribuire a cambiare radicalmente la qualità della lettura in un paziente ipovedente.
E’ un trattamento in cui il paziente è sottoposto a delle stimolazioni della retina e del nervo ottico. La reiterazione degli stimoli, che hanno delle frequenze particolari, determina una maggiore facilità nella trasmissione degli stessi, migliorando la percezione dei segnali nella totalità dei casi. Abbiamo dimostrato che l’associazione della fotostimolazione neurale alla riabilitazione visiva comporta un incremento della velocità e del coefficiente di lettura di oltre il 40%. Il trattamento è innocuo e può essere ripetuto non appena si registri una riduzione delle capacità visive o ad intervalli programmati.
Fin dai primi anni 90 abbiamo impiegato l’IBIS (Improved Biofeedback Integrated System), che lavora prevalentemente sull’area centrale della retina, o il Retimax, che oltre a stimolare l’intera retina, permette di registrarne obiettivamente gli effetti attraverso la contemporanea misura dei potenziali visivi evocati.
Nel 2004 nell’ambito di una serie di ricerche compiuto presso il nostro Centro abbiamo scoperto che la fissazione mostrata dalla microperimetria è direttamente proporzionale al visus e di conseguenza abbiamo potuto migliorare le tecniche di stimolazione usando il biofeedback sonoro offerto dal microperimetro che comporta un miglioramento della stabilità stessa delle fissazioni, migliorando visus per lontano e per vicino, velocità di lettura, potenziali visivi evocati.
Dal 2007 si parla di fotostimolazioni customizzate perché ogni paziente possiede una propria area preferenziale ideale per ripristinare le performance di lettura.
In genere è opportuno ripetere dei minicicli di stimolazione ogni 4-6 mesi a seconda del caso perché i risultati conseguiti, anche se molto efficaci, non durano oltre i 6 mesi.
Nel 2011 abbiamo iniziato una sperimentazione con un’altra tecnica di training, che sfrutta Internet, in modo da poter effettuare i cicli da casa propria venendo in studio solo per i controlli del caso.
I pazienti che seguono tali training leggono meglio, più velocemente e caratteri più piccoli.
E’ un trattamento dolce senza impiego di farmaci. Vitamine, minerali e aminoacidi a dosi adeguate vengono utilizzati da pochi anni per migliorare la conduzione degli stimoli visivi dall’occhio al cervello e la ricezione degli stimoli a livello recettoriale.
Il paziente migliora la propria visione, vede meglio i dettagli, spesso la macchia che lo infastidiva gli appare più piccola. Il trattamento è assolutamente innocuo, necessita di alcune settimane perchè cominci a dare i suoi frutti, e non è necessario assumere li integratori quotidianamente ma solo una decina di giorni per mese.
Nel 90% dei casi abbiamo avuto miglioramenti del campo visivo, nel 60% del residuo visivo per vicino e nel 30% del residuo visivo per lontano.
Si tratta di una tecnica chirurgica che consente, attraverso il posizionamento tra la sclera e la retina di cellule di grasso, di irrorare la retina con i fattori di crescita che tali cellule producono. Questo meccanismo, ampiamente studiato in patologie estreme come le eredodistrofie, tende ad arrestare l’evoluzione di dette malattie, bloccando il decadimento programmato delle cellule retiniche. In un 20% di casi si dimostra inefficace. Nell’80% invece blocca o migliora le condizioni funzionali, rilevate con la valutazione del visus, con un bilancio microcampimetrico ed un elettroretinogramma.
L’intervento viene eseguito in anestesia topica, con gocce di collirio sull’occhio e dura una ventina di minuti.
Dal 2012 la tecnica è stata modificata, inserendo anche cellule staminali, per consentire una più prolungata sopravvivenza del peduncolo adiposo, e dunque una irrorazione di fattori di crescita subretinica attraverso il tessuto vascolare coroideale.
In tal modo l’intervento raggiunge un efficacia maggiore e più prolungata nel tempo.
Tale efficacia viene successivamente mantenuta da infiltrazioni periodiche con fattori di crescita autologhi.
Dal 2000 possiamo disporre di questa particolare terapia che blocca l’evoluzione delle complicanze neovascolari nelle malattie degenerative della retina. L’evoluzione naturale di tali complicanze porta ad un crollo della capacità visiva dell’occhio. Una diagnosi precoce ed un trattamento tempestivo (l’ideale è entro le 2-3 settimane dall’inizio dei sintomi), possono contenere radicalmente il danno consentendo il massimo recupero da una riabilitazione visiva che va quasi sempre programmata a stabilizzazione avvenuta. Il trattamento consiste nell’infondere un farmaco lentamente, in concentrazione opportuna, e attivarlo dopo che questo si è localizzato nella lesione sulla retina con un laser freddo. In tal modo la lesione viene trattata senza particolare danno per la retina. Oggi viene usata in modo più mirato quando i trattamenti anti VeGF risultano meno efficaci
Sono ormai di routine i farmaci detti Anti VeGF (Vessel Endotelium Ground Factor) che bloccano l’azione dei fattori di crescita dei neovasi associandosi ad una azione antiinfiammatoria e antiedemigena.
Gli esami tomografici e microperimetrici presentano anche a distanza di mesi dei risultati sorprendenti. Nei prossimi anni sarà disponibile una categoria di farmaci che agisce inibendo direttamente la sintesi dei fattori di crescita dei neovasi (principale motivo di scompenso nelle maculopatie legate all’età). In tal modo sarà possibile prevenire i danni più profondi e semplificare la riabilitazione visiva successiva.
Presso il nostro Centro abbiamo sviluppato una tecnologia che ci consente di rinnovare l’efficacia antiapoptotica (cioè che rallenta l’atrofizzazione cellulare nell’ambito di alcune malattie gravi della retina come le maculopatie secche e del nervo ottico come le atrofie ottiche) basata sull’innesto di fattori di crescita autologhi. Tale trattamento non richiede che pochi minuti e permette di fornire periodicamente la retina di fattori di crescita atti a sostenere la vitalità delle cellule retiniche nel tempo.
Non è mai necessario. La riabilitazione visiva superata la fase diagnostica, si articola nell’arco di 4/7 sedute ambulatoriali secondo il caso con una frequenza di un paio di incontri alla settimana.
La fotostimolazione viene sempre associata alla riabilitazione visiva con circa dieci sedute, che vengono ripetute con cicli di 5 sedut circa due-tre volte l’anno.
I controlli successivi sono condizionati dalla patologia responsabile della condizione di ipovedenza. In genere i controlli sono un paio di volte l’anno alla fine dei mini cicli di foto stimolazione cutomizzata.
Se esistono dei cambiamenti importanti, per un miglioramento del residuo visivo o per un eventuale peggioramento della patologia oculare invalidante, è possibile ripetere la riabilitazione visiva per ottenere un sistema diverso che mantenga egualmente la capacità di lettura.
Mai! Al contrario può esserlo non farlo! La diagnosi effettuata per un processo riabilitativo è particolarmente approfondita, a volte si scoprono possibilità terapeutiche inaspettate, e nel 70% dei casi il paziente si sente soddisfatto per il risultato conseguito a tre mesi dalla riabilitazione. La vista non va mai considerata come un bicchiere mezzo pieno d’acqua per cui è meglio non bere per non consumare. La vista è un processo sensoriale che va utilizzato anche soltanto per stimolarlo e per stimolare le aree cerebrali che comunicano con gli occhi. Non utilizzare la vista può portare anche a dei processi atrofici a carico della corteccia cerebrale che una volta instaurati sono realmente irreversibili.
Come posso aiutare gli altri?
Partecipate alla storia.
Sapete che la maggior parte delle persone affette da ipovisione non farà mai una riablitazione visiva? È un peccato!
I più ignorano i progressi nel campo della riabilitazione visiva e i risultati attuali.
Voi siete la miglior fonte di informazione per queste persone.
Se avrete occasione di parlare della riabilitazione visiva, riferite la vostra esperienza.
Informate i vostri parenti e amici.
Voi siete in grado di raccontare la vostra esperienza e di chiarire ad altri idee preconcette sui metodi e i risultati della riabilitazione visiva.
Voi sarete onorati di portare il Vostro contributo per aiutare qualcuno e noi di riuscirci.